IL SOGNO DELL’HIDALGO – SPAGNA LA MANCIA
Nei luoghi che ispirarono a Cervantes le avventure del suo nobile cavaliere, la Ruta del Quijoteè uno dei percorsi a tema più avvincenti di tutta la Spagna. E di paese in paese, fra i mulini a vento che punteggiano campi e colline della Mancha come se fossero pronti a una nuova sfida, ci si immerge nelle atmosfere e nei paesaggi del più famoso romanzo spagnolo.
El Toboso, le quattro del pomeriggio. Nelle stradine, lungo le case bianche, non c’è quasi nessuno, e si sente solo il suono di un clarino in lontananza. Due bambine passano di corsa ridendo, mentre un vecchio con il basco calcato in testa e un bastone in mano cammina lentamente seguendo l’orlo dell’ombra. Tutto intorno, a vista d’occhio, si stendono le vigne del famoso vino manchego: le viti vengono potate basse, a un’altezza non superiore al mezzo metro, per resistere al vento. Già, qui nella Mancha è lui che la fa da padrone. Un vento forte, teso, che soffia implacabile tutto l’anno, anche d’estate quando le raffiche bruciano l’erba dei campi e sollevano nuvole di polvere. Per proteggersi dalle folate e dal sole che picchia, i contadini erano soliti costruire in mezzo ai campi basse costruzioni a cupola verniciate di bianco e di blu, i bombos, dove si rifugiavano nelle ore più calde, interrompendo il loro lavoro. Se ne vede ancora qualcuno affossato tra le stoppie, ma oggi non hanno più nessuna funzione se non forse quella di suscitare la curiosità del turista. A dispetto delle intemperanze del clima, questo lembo della Spagna interna che si stende a sud-est di Toledo è una regione di solida prosperità economica: lo si capisce dal corollario di piccole industrie che attorniano tutti i paesini, dalle palazzine costruite lungo le strade che vanno a perdersi ad angolo retto in mezzo ai campi. Le abitazioni intonacate a calce e i portoni verniciati di blu ricordano le isolette dell’Egeo, anche se il mare è davvero lontano, e a riportarci alla mente com’era la Mancha dei tempi di Don Chisciotte e di Cervantes sono rimasti solo il vento e i mulini, quasi un’ossessione nel paesaggio intenso e a volte quasi surreale di questa magnifica terra. Non appena un crinale o una collinetta si innalzano al di sopra delle estese pianure, i profili di uno o più mulini si stagliano all’orizzonte con i graticci delle pale tesi a cercare l’aria. Non sono più in funzione da una sessantina d’anni, ma quasi tutti sono stati ristrutturati e in alcuni è stato riattivato il vecchio meccanismo di legno e pietra: di tanto in tanto, le grandi pale vengono nuovamente rivestite delle loro tele bianche e i giganti di Don Chisciotte tornano a muovere le immense braccia. Può sembrare uno scherzo del destino, eppure nessuno di questi mulini sarebbe ancora in piedi senza Cervantes e il suo cavaliere.
Fra sogno e realtà Da Consuegra a Puerto Lápice, da Alcázar de San Juan a Campo de Criptana, da Mota del Cuervo a El Toboso fino a Belmonte, una serie innumerevole di statue del grande scrittore e di Don Chisciotte, con o senza il suo scudiero Sancho Panza, punteggiano il paesaggio urbano. Sono il filo conduttore della Ruta del Quijote, un bellissimo itinerario che attraversa paesi e località di cui si narra nel romanzo: è stato diviso in dieci tappe pensate per essere percorse in modo da goderne appieno, al ritmo tranquillo dei viaggi di una volta, con l’obiettivo di stringere un legame fra i complessi monumentali e le zone rurali, i beni di interesse paesaggistico, gli spazi dove la natura diventa uno spettacolo grandioso. Il viaggio si snoda seguendo alcune linee guida ormai classiche e tipiche del turismo lento, ad esempio sentieri un tempo utilizzati dal bestiame, sponde di fiumi, piattaforme ferroviarie in disuso. Quest’asse verde può essere percorso in auto, in camper, a piedi, a cavallo o in bicicletta; esistono un centinaio di parcheggi lungo la rete stradale della regione, oltre a cinquanta punti organizzati per accogliere il viaggiatore che desideri riposare in piena natura, con caratteristiche simili a quelle che presentano i rifugi di montagna. Lungo il tragitto, inoltre, si possono ammirare centinaia di punti di interesse turistico, imbattendosi in un vastissimo novero di opere d’arte sacre e profane. Le indicazioni lungo le tappe della Ruta del Quijote, naturalmente, sono contrassegnate da una sagoma in ferro battuto del cavaliere dalla nobile e triste figura, in sella al suo magro ronzino e con la lancia in pugno. Viaggiando tra Madrid e la costa mediterranea, chi è in cerca delle vestigia di questo eroe tra i più celebri di tutta la letteratura mondiale può lasciare la A4 circa 10 chilometri a sud della capitale spagnola e fermarsi alla Venta del Quijote di Puerto Lápice, la locanda in cui il nostro personaggio ricevette dall’oste l’investitura di cavaliere.
Una volenterosa rilettura dell’opera di Cervantes ha dato vita a una miriade di luoghi letterari, forzando un po’ la mano alla fantasia ma basandosi quasi sempre su dati concreti: la Venta del Quijote, in particolare, venne ricostruita ai primi del ‘700 sul modello delle taverne medioevali e quindi non può essere quella che ispirò allo scrittore il famoso episodio, ma ai tempi di Cervantes il sito era ancora un luogo di passaggio in cui si intrecciavano i cammini di quanti viaggiavano per La Mancha, ed era noto proprio per le sue taverne. Oggi nell’edificio si possono ammirare i grandi tini in cui veniva conservato il vino e il bel patio dove si può ancora respirare l’atmosfera di quattro secoli fa. Qualche diffidenza la suscita invece il palazzo di Dulcinea a El Toboso. Si è infatti scelta una dimora patrizia del tempo in cui sono stati ricostruiti ambienti quali la cantina, la colombaia, il frantoio, il patio, la camera da letto: e può essere interessante visitarla per avere un’idea di come si viveva ai tempi di Cervantes in questa parte della Spagna, ma la contadina a cui si ispirò lo scrittore per farne l’amore cavalleresco di Don Chisciotte abitava, molto probabilmente, in una casa più dimessa. Ben diversa attenzione merita il Centro Cervantino, una biblioteca vicino alla piazza principale in cui sono raccolte centinaia di edizioni del Don Chisciotte di varie epoche, provenienti da una quarantina di paesi diversi. El Toboso è un bel paesino dalle strade e dai vicoli lastricati di ciottoli, le case dai muri antichi, le fontanelle in pietra ai crocevia: per trovare qualcosa di simile bisogna scavalcare la AP36 e arrivare a Belmonte, con la grande rocca dai torrioni merlati e il castello in stile gotico con influssi mudéjar che si innalza, neanche a dirlo, di fronte ad alcuni vecchi mulini restaurati. Sono tre le località che si contendono il privilegio di aver ispirato la famosa battaglia contro i giganteschi guerrieri dalle lunghe braccia roteanti: Consuegra, Campo de Criptana e Mota del Cuervo. Ognuno di essi vanta una decina di mulini asserragliati sulla cima di un colle, e ciascuno è assolutamente determinato nell’asserire che sono proprio quelli sfidati da Don Chisciotte. C’è da dire che ai tempi di Cervantes i mulini a vento erano una novità introdotta solo da qualche anno, e ancora destavano una certa diffidenza nei contadini della Mancha: quei grandi aggeggi sempre in movimento rappresentavano l’irruzione delle macchine in un ambiente che fino ad allora aveva conosciuto la sola forza delle braccia dell’uomo. Forse questo è uno dei motivi per cui Cervantes immaginò che quelle diavolerie potessero assolvere la funzione di improbabili nemici sovrannaturali per l’hidalgo immerso nel mondo dei sogni nato dalle sue letture. A Consuegra i mulini, in fila l’uno dietro l’altro, sembrano quasi voler sorreggere come un drappello di guerrieri schierati la rocca semidistrutta di un castello dei Templari: hanno un aspetto quasi minaccioso, almeno da lontano, eppure sono considerati dagli abitanti di questa cittadina sonnacchiosa come un grosso giocattolo da trattare con affetto. La gente del posto è solita venire qui la domenica sera con i bambini a sedersi in un piccolo bar per mangiare e bere, e i ragazzi fanno spesso motocross zigzagando fra l’una e l’altra costruzione. Diverso l’aspetto dei dieci mulini di Campo de Criptana, quanto resta dei trentaquattro originari. Disposti in ordine sparso proprio dietro le ultime case bianche del paese, tre di essi sono stati dichiarati monumenti storici e il più famoso è quello che viene chiamato Burleta. Da qui lo sguardo spazia sulla sconfinata pianura coltivata a grano e attraversata dal volo di uccelli tipici delle steppe: otarde, occhioni e galline prataiole. Nel piccolo abitato valgono una sosta anche la chiesa di Nostra Signora dell’Assunzione, quella barocca del convento del Carmine e l’antico granaio municipale. A metà strada fra El Toboso e Belmonte, Mota del Cuervo ha avuto un importante passato ed è conosciuta come il balcone della Mancha per gli straordinari panorami.
Qui i mulini, anch’essi restaurati di recente, sono un po’ defilati rispetto al centro abitato in quanto la collina su cui sono raccolti è a una certa distanza dal paese, e tra di essi sorgono le colonne spezzate di un tempio romano. In fondo alla piana alcune tombe musulmane sono allineate sul ciglio di un dirupo, rivolte verso la Mecca; più in basso, un pozzo arabo che serviva a conservare la neve taglia con il candore della sua cupola i solchi di un piccolo orto. Nonostante questa curiosa mescolanza di reperti di epoche e culture diverse, prevale la sensazione di un tempo che scorre sempre uguale a sé stesso: e a rafforzare quest’idea di antica immobilità sono alcune foto d’epoca esposte sul piazzale spazzato dal vento, tra cui una degli anni ’20 che ritrae gli ultimi due abitanti dei macinatoi, un uomo rubizzo dall’aria contenta e una donna grassa con una gallina in braccio. Stanno lì a ricordare che i mulini sono stati soprattutto una grande invenzione capace di agevolare non poco la difficile vita di generazioni e generazioni di contadini: ma a vestirli di sognante fantasia, trasformandoli in ironico emblema della vanità del mondo, è stato Cervantes con il suo immortale Don Chisciotte.